Le parti comuni di un edificio non condominiale si gestiscono secondo il principio di comunione: cosa prevede il Codice Civile.
Commenti: 0
Parti comuni di edifici non condominiali
Unsplash

Chi dispone di ville plurifamiliari, oppure di case a schiera, si trova a dover gestire di frequente questioni relative alle proprietà in condivisione. Si tratti del giardino comune oppure delle pareti perimetrali, è più che lecito chiedersi come vengano regolate le parti comuni di un edificio non condominiale. In linea generale, si tratta di elementi essenziali per l’uso e la struttura dello stesso edificio e, pur non essendo soggetti alla normativa specifica per i condomini, seguono precise regole di utilizzo e manutenzione condivise.

Cosa si intende per parti comuni di un edificio

Innanzitutto, è necessario chiarire cosa si intenda per parti comuni di un edificio. In linea generale, il riferimento è a tutti quegli elementi strutturali, funzionali o accessori che servono all’uso o al godimento di un immobile, da parte di tutti i proprietari o di titolari di altri diritti. Vi è però una distinzione tra complessi non condominiali, come appunto le villette a schiera, e veri e propri condomini.

Quali sono le parti comuni di un edificio bifamiliare

Per comprendere quali siano le parti comuni di un edificio senza condominio, si può fare riferimento al classico esempio di una villa bifamiliare. In questo caso, pur essendoci due unità immobiliari con proprietari diversi, lo stabile condivide alcune porzioni comuni, che dovranno quindi essere gestite congiuntamente.

In particolare, fra le parti comuni di un edificio con due proprietari vi possono essere elementi quali:

  • il tetto;
  • i muri perimetrali;
  • le fondazioni e il suolo;
  • il vialetto d’accesso, il cortile e l’ingresso principale;
  • le scale, se condivise;
  • gli impianti eventualmente in condivisione, come quello idrico o elettrico.

In linea generale, queste porzioni sono presenti in diverse tipologie di edifici non condominiali, si pensi ad esempio alle villette a schiera o, ancora, a case plurifamiliari che non presentano i requisiti minimi per costituirsi come condominio.

Parti comuni della villa bifamiliare
Unsplash

La disciplina per la gestione di questi edifici si basa principalmente sul principio della comunione, disciplinato dagli articoli 1100 e successivi del Codice Civile. In particolare, è rilevante l’articolo 1102, che regola appunto della cosa comune, specificando che ogni proprietario potrà servirsene:

  • senza modificarne la destinazione d’uso;
  • senza impedire agli altri proprietari di fare altrettanto.

Le parti comuni in condominio

Per agevolare la comprensione, è utile ricordare le differenze di gestione fra un classico edificio plurifamiliare e un condominio. Nei contesti condominiali, infatti, è l’articolo 1117 del Codice Civile a specificare quali siano le parti comuni, includendo elementi come il suolo, le fondazioni, i muri maestri, i tetti, le scale, i portoni d’ingresso, i cortili, le facciate, gli impianti centralizzati e via dicendo.

Per quanto l’articolo 1117 si applichi esclusivamente ai condominio, quindi soggetti alla relativa normativa condominiale, può essere un utile riferimento per analogia nell’identificare le porzioni in condivisione anche per altre tipologie di edifici, data la similitudine degli elementi strutturali e funzionali che compongono lo stabile. In merito alla gestione, alla modifica e alla ripartizione delle spese, la disciplina rimane tuttavia differenziata.

Anche nel caso dei condomini rimane l’applicazione dell’articolo 1102 del Codice Civile che, come visto, permette al singolo condomino di avvalersi della cosa comune, purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri un uso paritetico, se non diversamente disposto dal regolamento condominiale o da specifiche norme.

Quale diritto vige sulle parti comuni

Per la gestione delle porzioni in condivisione di uno stabile non condominiale, come ad esempio le parti comuni di un edificio plurifamiliare, vige il regime della comunione, così come già accennato.

Tale regime, regolato dall’articolo 1100 e seguenti del Codice Civile, stabilisce le norme giuridiche che regolano la proprietà condivisa, definendo i diritti dei proprietari nell’utilizzare o modificare le parti comuni. In linea generale, ogni proprietario:

  • può servirsi delle parti comuni, senza cambiarne destinazione e permettendo un uguale utilizzo agli altri;
  • qualsiasi intervento sulle parti comuni non dovrà compromettere la stabilità, la sicurezza o il decoro dell’edificio;
  • per gli interventi ordinari o conservativi, le decisioni possono essere assunte a maggioranza, in base all’articolo 1105 del Codice Civile, mentre per modifiche straordinarie o innovative è generalmente richiesto il consenso unanime.

Di norma, qualsiasi necessità di gestione è delegata ai proprietari, che dovranno accordarsi di volta in volta sugli interventi da intraprendere. Solo in caso di disaccordi o controversie si può ricorrere al giudice, sempre secondo l’articolo 1105 del Codice Civile, per dirimere le contrapposizioni o nominare un amministratore giudiziale.

Ben diversa è invece la situazione in condominio, più complessa per la natura stessa della condivisione. Semplificando, oltre alla definizione esplicita delle parti comuni tramite l’articolo 1117 del Codice Civile, l’uso e la gestione delle porzioni condivise è generalmente determinata dal regolamento condominiale

Le decisioni - come ad esempio quelle relative all’articolo 1120, sulle innovazioni che migliorano o rendono più comodo l’uso dello stabile - sono prese dall’assemblea a votazione, in base alle maggioranze previste dall’articolo 1136 del Codice Civile. Il controllo dell’effettivo rispetto sia del regolamento che delle delibere è invece di norma delegato all’amministratore

Come si ripartiscono le spese per le parti comuni

Compresi i principali riferimenti normativi, e le più evidenti differenze con i condomini, è certamente utile passare a un piano più pratico. Ad esempio, come si gestiscono le spese per la gestione e la manutenzione delle parti comuni, in un edificio non condominiale?

La gestione dei costi negli edifici non condominiali

Anche in uno stabile non condominiale, le porzioni in condivisione possono essere soggette a interventi di manutenzione ordinaria o straordinaria. Ma come si gestiscono i costi relativi agli interventi o ai lavori necessari?

La ripartizione delle spese, sia per la manutenzione ordinaria che per quella straordinaria, segue generalmente i principi definiti dall’articolo 1104 del Codice Civile:

  • ogni proprietario contribuisce alle spese di manutenzione e conservazione;
  • in proporzione alla propria quota di proprietà.

Ad esempio, per la ristrutturazione delle parti comuni senza condominio di una villa bifamiliare - si pensi, ad esempio, al rifacimento del tetto - vedrà di norma una ripartizione al 50%, se i due proprietari hanno quote uguali. Le parti hanno però facoltà di stipulare accordi che prevedano una differenza suddivisione: una scelta decisamente frequente quando si vogliono dividere le spese in base all’effettivo uso di una parte comune, come la manutenzione di un vialetto prevalentemente utilizzato da un solo proprietario.

Come facile intuire, qualsiasi intervento dovrà trovare l’accordo di tutti i proprietari. Se, al seguito della formalizzazione di un intervento, uno di questi dovesse rifiutarsi di contribuire, gli altri possono agire in giudizio per ottenere il rimborso della quota dovuta, in base all’articolo 1110 del Codice Civile.

Ancora, come accennato in precedenza, l’articolo 1105 permette di adire le vie legali in caso di controversie, per richiedere al giudice di dirimere eventuali conflitti o, ancora, di nominare un amministratore giudiziale.

Parti comuni delle villette a schiera
Pexels

Proprio poiché le decisioni sulla manutenzione, ordinaria o straordinaria, delle parti comuni sono delegate al consenso di tutti, è sempre consigliato che i proprietari si cautelino preventivamente:

  • formalizzando ogni accordo in forma scritta, con un contratto;
  • specificando all’interno dello stesso contratto le modalità di gestione delle parti comuni e la relativa ripartizione delle spese.

La ripartizione in condominio

Sempre per confronto, è utile comprendere come invece avvenga la ripartizione nei contesti condominiali, dove gli interventi necessari sono di norma deliberati a maggioranza dall’assemblea. In base all’articolo 1123 del Codice Civile, le spese di manutenzione ordinaria e straordinaria sono generalmente ripartite:

  • fra tutti i condomini;
  • in base ai millesimi di proprietà.

Sono previste anche eccezioni, come nel caso di beni e servizi usati in misura diversa dai condomini - si pensi ai residenti ai piani inferiori, che non si avvalgono dell’ascensore - che possono prevedere una ripartizione proporzionale all’uso. Ancora, in caso di innovazioni gravose o voluttuarie, l’articolo 1121 permette al singolo condomino di esimersi dalle spese, rinunciando all’uso dell’innovazione, purché questa sia separabile e non pregiudichi la stabilità o il decoro dell’edificio.

In definitiva, in condominio si può approfittare di una struttura più formalizzata rispetto alla gestione diretta fra comproprietari in un edificio non condominiale, grazie a criteri di ripartizione specifici e il ruolo dell’assemblea e dell’amministratore, che facilitano sia la gestione che la stessa suddivisione dei costi.

Vedi i commenti (0) / Commento

per commentare devi effettuare il login con il tuo account

Etichette