Quando scatta la procedura di infrazione in ambito europeo? In cosa consiste? E cosa comporta? C’è attesa per il prossimo 13 febbraio, quando la Commissione aggiornerà le stime macroeconomiche per l’Eurozona e sarà possibile capire con maggiore precisione qual è il destino del nostro Paese.
Sarà allora, infatti, che il commissario Pierre Moscovici e il vicepresidente Valdis Dombrovskis daranno le loro impressioni sul dialogo con l’Italia e, come evidenziato dalla Repubblica, dalle stime che rilasceranno si potrà capire quale impatto si aspettano gli uffici economici della Ue dagli impegni italiani.
Il nostro Paese – con un debito sopra il 130% del Pil, ma anche un disavanzo stabilmente sotto il 3% - è a rischio procedura d’infrazione, che discende dalle regole del Patto di stabilità e crescita.
La procedura d’infrazione si articola in due momenti:
- quello “preventivo”, che segue la definizione dei bilanci degli Stati, orientandoli verso l’obiettivo di solidità;
- quello “correttivo”, che scatta quando i governi deviano e “stabilisce quali azioni devono intraprendere i Paesi nel caso in cui il loro debito pubblico o disavanzo di bilancio venga considerato eccessivo”.
La procedura per i disavanzi eccessivi (PDE) è regolata dall’articolo 126 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea e riguarda i Paesi che non soddisfano due criteri:
- il disavanzo di bilancio non deve superare il 3% del prodotto interno lordo;
- il debito pubblico non deve superare il 60% del Pil.
Se l’analisi della Commissione verifica che i parametri non sono rispettati e le misure proposte non sono sufficienti a raggiungere gli obiettivi, il Consiglio avvia la procedura in base alle raccomandazioni della Commissione.
Quando il bilancio di un Paese viola la regola numerica del debito può anche evitare l’apertura di una procedura per disavanzo eccessivo, ma questo se la Commissione riconosce che i “fattori rilevanti” giustificano gli scostamenti.
Se invece la procedura viene aperta, Bruxelles chiede al Paese in questione di presentare un piano di correzioni e un calendario di scadenze da rispettare. Qualora queste non venissero rispettate, è nella facoltà europea di multare il Paese con un’ammenda che può raggiungere lo 0,2% del prodotto interno lordo.
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