Lavoro in nero ma non solo. Vediamo quando si perde il reddito di cittadinanza. Una recente sentenza della Corte di Cassazione, infatti, ha evidenziato una nuova casistica per la quale si applica la revoca del sussidio.
Nella fattispecie, il sequestro della carta del reddito di cittadinanza può scattare anche nel caso in cui si omettano o non si aggiornino le informazioni relative alla situazione reddituale e patrimoniale, anche se quest’ultima non dovesse superare i 9.360 euro all’anno (il limite entro cui viene erogato il reddito di cittadinanza), tanto che la revoca si può disporre ancor prima dell’accertamento.
A conferma è arrivata la sentenza n. 5290 del 10 febbraio 2020, con la quale la Cassazione ha respinto il ricorso di due coniugi di Palermo, i quali si erano dichiarati disoccupati nonostante l’uomo percepisse 180 euro a settimana per il suo impiego in una pasticceria. La somma complessiva, quindi, sarebbe rimasta al di sotto dei fatidici 9.360 euro annui. Tuttavia, la Suprema Corte ha dichiarato legittimo il sequestro della card reddito di cittadinanza per via della falsa dichiarazione al Fisco.
La Cassazione, infatti, ha optato per “il sequestro della Carta Postamat, in vista di una revoca del beneficio”, rigettando di fatto la tesi della difesa secondo cui “sarebbe dubbia l’esistenza di un obbligo di comunicare tale variazione di reddito non essendosi comunque verificato il superamento della soglia richiesta dalla legge”.
La Corte ha ribadito che la legge punisce chi omette “informazioni dovute e rilevanti ai fini della revoca o della riduzione del beneficio” e non è “lasciata al cittadino la scelta su cosa comunicare e cosa omettere”.
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