Guida completa alla fattura reverse charge: applicazione, soggetti esclusi e regole per emetterla correttamente.
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La fattura reverse charge si differenzia dalle altre perché segue un meccanismo contabile diverso da quello classico. Una delle domande più frequenti quando si parla di reverse charge è: chi paga l’IVA? Ma ci si chiede anche: quando si applica questo sistema? Come fare fattura in reverse charge? Non tutte le operazioni rientrano in questo regime speciale e ci sono soggetti esclusi che devono seguire altre procedure. Ecco come funziona il reverse charge, quando si applica e come emettere una fattura corretta, analizzando un esempio pratico per chiarire ogni dubbio.

Chi paga l’IVA in caso di reverse charge?

Il reverse charge è uno strumento cruciale per combattere l’evasione fiscale e assicurare una gestione più efficiente dell’IVA.

È disciplinato dai commi 5, 6 e 7 dall’articolo 17 del D.P.R. 663/1972 e si tratta nel dettaglio di un meccanismo particolare di applicazione dell’IVA che modifica le regole ordinarie della stessa.

Detto anche inversione contabile, il reverse charge trasferisce gli obblighi fiscali del pagamento dell’IVA dal soggetto che emette la fattura a chi la riceve. Di solito, il venditore del bene o il prestatore del servizio addebitano l’imposta sul valore aggiunto al cliente, per poi versarla all’erario. 

Con il reverse charge, al contrario, il fornitore o prestatore emettono la fattura senza applicare l’IVA, ed è chi acquista il bene o il servizio a doversi fare carico del pagamento dell’imposta. In entrambe le situazioni il costo dell’IVA è a carico del cliente, mentre l’unica differenza è rappresentata dal soggetto tenuto al versamento al Fisco. 

Nel reverse charge è il destinatario del bene o del servizio a essere obbligato al pagamento dell’IVA, a patto che sia un soggetto passivo d’imposta e che sia residente nel territorio italiano. 

Quando si applica il reverse charge?

Il regime del reverse charge si applica solo a dei casi specifici previsti espressamente dalla legge e riguarda in particolare alcuni settori:

  • edilizia;
  • rottami e materiali di recupero;
  • beni tecnologici; 
  • oro;
  • energia elettrica e gas.

Ecco nel dettaglio a quali operazioni si applica il reverse charge, partendo dall’elenco contenuto nell’articolo 17 del D.P.R. 633/1972, cui hanno fatto seguito nuove leggi che hanno ampliato l’ambito di applicazione

  • cessioni imponibili di oro da investimento;
  • cessioni di materiale d'oro e per quelle di prodotti semilavorati di purezza pari o superiore a 325 millesimi;
  • prestazioni di servizi, compresa la prestazione di manodopera, rese nel settore edile da soggetti subappaltatori nei confronti delle imprese che svolgono l'attività di costruzione o ristrutturazione di immobili ovvero nei confronti dell'appaltatore principale o di un altro subappaltatore;
  • cessioni di fabbricati o di porzioni di fabbricato, per le quali nel relativo atto il cedente abbia espressamente manifestato l'opzione per l'imposizione;
  • prestazioni di servizi di pulizia, di demolizione, di installazione di impianti e di completamento relative ad edifici;
  • prestazioni di servizi rese dalle imprese consorziate nei confronti del consorzio di appartenenza che si è reso aggiudicatario di una commessa nei confronti di un ente pubblico al quale il predetto consorzio è tenuto ad emettere fattura;
  • cessioni di telefoni cellulari; 
  • cessioni di console da gioco, tablet PC e laptop, nonchè di dispositivi a circuito integrato, quali microprocessori e unità centrali di elaborazione;
  • trasferimenti di quote di emissioni di gas a effetto serra;
  • cessioni di certificati energetici; 
  • cessioni di gas e di energia elettrica a un soggetto passivo-rivenditore;
  • cessioni di bancali in legno (pallet) recuperati ai cicli di utilizzo successivi al primo.
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Soggetti esclusi dal reverse charge

Non tutti possono essere coinvolti nel meccanismo del reverse charge, dal quale sono esclusi: 

  • privati cittadini, in quanto non sono soggetti passivi di imposta;
  • soggetti con regimi fiscali speciali

In merito a quest’ultima categoria, il riferimento è a quanti sono esonerati dagli adempimenti che prevedono: annotazione delle fatture, tenuta del registro dei corrispettivi e gestione del registro degli acquisti.

Come indicato dalla circolare n. 14 del 2015 dell’Agenzia delle Entrate, sono esclusi dal reverse charge

  • i produttori agricoli con volume di affari non superiore a 7.000 euro;
  • esercenti attività di intrattenimento;
  • associazioni e società sportive che hanno optato per il regime forfetario;
  • quanti effettuano spettacoli viaggianti, che hanno realizzato un volume d’affari non superiore a 25.822,84 euro nell'anno solare precedente.

Quando si emette una fattura con reverse charge?

Come è facile intuire da quanto esposto fino a ora, la fattura con reverse charge deve essere emessa in tutte le transazioni che rientrano nelle casistiche previste dalla legge. 

E’ bene evidenziare innanzitutto la distinzione tra due casi di applicazione: 

  • reverse charge estero: nelle operazioni effettuate in Italia con venditori esteri, sia UE che extra-UE;
  • reverse charge interno: nelle operazioni di particolari tipologie o settori tra venditori italiani.

Nel caso del reverse charge estero, quando si tratta dell’acquisto di beni e servizi UE è necessaria l’integrazione della fattura emessa dal venditore. Il cessionario integra quella ricevuta con una fattura emessa a se stesso in cui è aggiunta l’IVA da pagare. 

Quando si tratta dell’acquisto di servizi extra-UE serve l’autofattura, ossia un documento emesso dal cessionario che ricalca la fattura ricevuta, con l’annotazione dell’IVA che lui stesso deve provvedere a liquidare. 

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Come fare fattura in reverse charge?

Chi emette una fattura in reverse charge, una volta appurato che l’operazione rientra tra quelle soggette a questo regime, deve utilizzare il codice natura N6-inversione contabile

Da compilare i dati standard, ossia quelli relativi al fornitore e al cliente e si deve altresì indicare la descrizione del bene o servizio, indicando l’ammontare netto, senza applicare l’IVA. 

Da aggiungere poi la seguente dicitura: "Operazione soggetta a inversione contabile ai sensi dell'art. 17, comma 5 del DPR 633/1972", nel caso di reverse charge interno, mentre per quello estero si utilizzerà "Inversione contabile – Articolo 194 della Direttiva 2006/112/CE". 

Quando si tratta di reverse charge interno, l’acquirente integra la fattura con l’IVA dovuta e registra il documento nei registri IVA acquisti e vendite. Nel caso di reverse charge estero, a seconda che si tratti di venditore UE o extra-UE, l’acquirente operare rispettivamente in due modi: integra la fattura o emette un’autofattura. 

Reverse charge: un esempio

Facciamo un esempio pratico per meglio comprendere il meccanismo del reverse charge. Supponiamo che un’azienda italiana riceva una consulenza da un professionista inglese, a fronte di un costo di 3.000 euro. 

La fattura sarà emessa senza IVA, quindi per un importo di 3.000 euro, e sarà l’azienda italiana ad applicare l’imposta nella misura del 22% (quindi 660 euro in questo caso). Il documento sarà integrato con questa voce e toccherà alla società che si è avvalsa della consulenza versare l’IVA di 660 euro.

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