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Con lo studio “The success of small countries and markets”, Credit Suisse ha mostrato come i Paesi più piccoli spesso e volentieri non abbiano nulla da invidiare agli Stati più grandi. Perché? Presto detto. Le Nazioni di piccole dimensioni si rivelano di sovente più agili e dinamiche.

La Borsa

Su lunghe scale temporali (50 e 20 anni) le Borse dei piccoli Paesi (Austria, Belgio, Danimarca, Finlandia, Irlanda, Paesi Bassi, Norvegia e Svezia) sovraperformano quelle dei grandi (Australia, Francia, Germania, Italia, Giappone, Spagna, Regno Unito e Stati Uniti). Su un lasso di tempo inferiore (5 anni) l’azionario dei piccoli ha battuto quello dei grandi di quasi un punto percentuale l’anno.

La globalizzazione

La globalizzazione ha premiato soprattutto i piccoli Paesi. L’Indice di Globalizzazione elaborato da Credit Suisse vede ai primi posti solo piccoli Paesi, come Lussemburgo, Singapore, Svizzera, Hong Kong e Irlanda. Le aziende “export oriented”, presenti in grande quantità in questi Paesi, hanno infatti messo a segno migliori performance di quelle ripiegate sui mercati domestici, poiché sono state in grado per prime di raggiungere nuovi clienti.

La forza

Se si guarda anche all’indice che misura la forza (la qualità delle istituzioni dei singoli Stati e le loro “infrastrutture intangibili”, l’attitudine a prosperare in un mondo globalizzato, la capacità di produrre risultati sostenibili, il livello di sviluppo umano), si nota che a primeggiare sono sette piccoli Paesi: Svizzera, Danimarca, Hong Kong, Singapore, Norvegia, Finlandia e Irlanda, assieme ad Australia, Regno Unito e Paesi Bassi.

Le novità

Un altro aspetto che rende i Paesi più piccoli particolarmente dinamici è il fatto di dover affrontare per primi le novità. Irlanda e Portogallo, ad esempio, sono stati i primi Paesi a vivere i costi sociali dell’austerità in Europa.

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