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Torna alla ribalta la pensione di cittadinanza per i giovani. A rilanciare il tema è stato il presidente della Commissione Lavoro della Camera, Cesare Damiano. Si tratta di un intervento a favore dei giovani con carriere discontinue, per i quali il passaggio al sistema interamente contributivo risulterà particolarmente penalizzante.

La misura è pensata in particolare per chi ha cominciato a lavorare dopo il 1° gennaio 1996 e prevede che per tutti i lavoratori andati in pensione dal ‘96 con il contributivo si assicuri un assegno base pari a quello sociale, circa 500 euro. Poi ciascun lavoratore aggiungerà i suoi contributi. L’assegno base è finanziato dalla fiscalità generale e in parte dalla stessa previdenza.

A fine febbraio, Damiano ha detto: “E’ una misura di civiltà, si evita che ci sia un esercito di nuovi poveri, prendendo come standard di dignità un assegno di 1.500 euro lordi e integrando la parte mancante a tale soglia. Lo stesso principio è contenuto nel verbale firmato da governo e Cgil, Cisl e Uil lo scorso settembre. Chi ha alle spalle una carriera fatta di contratti a termine, licenziamenti, voucher, stage, non avrà i contributi sufficienti per un assegno dignitoso. Le risorse si possano trovare anche modificando i meccanismi interni allo stesso sistema previdenziale. Ad esempio con il contributivo non esiste più l’integrazione al minimo: reinvestiamo quei miliardi per la pensione dei giovani di oggi”.

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