Le temperature record di questi giorni stanno facendo scattare l’allarme rosso anche sui luoghi di lavoro. Non tutti, infatti, hanno la possibilità di svolgere le proprie mansioni in smart working. Così in molti si stanno chiedendo, è possibile richiedere la cassa integrazione per caldo eccessivo? Scopriamo cosa prevedono le normative Inps e Inail al riguardo.
Quando si può chiedere la cassa integrazione per caldo eccessivo?
Nell’ultimo periodo sta tornando di stretta attualità, visto le temperature torride in tutta Italia, il tema della cassa integrazione per caldo eccessivo. Non tutti sanno che l’Inps può riconoscere la cassa integrazione ordinaria se il responsabile della sicurezza di un posto di lavoro dispone la sospensione delle attività, ritenendo che sussistano rischi o pericoli per la sicurezza e la salute dei lavoratori (in questa casistica, infatti, sono comprese anche le temperature eccessive).
I datori di lavoro, quindi, possono inoltrare all’Inps la domanda di Cigo (cassa integrazione ordinaria) utilizzando la causale “eventi meteo” e sospensione o riduzione dell’attività lavorativa a causa delle temperature elevate (superiori ai 35 gradi).
Tuttavia, il requisito della temperatura (oltre i 35 gradi) non è strettamente vincolante, visto che anche temperature inferiori potrebbero essere considerate non adatte e pericolose per svolgere determinate mansioni.
Come fare la domanda
Nella domanda di CIGO, e nella relazione tecnica allegata, il datore di lavoro è tenuto a indicare le giornate di sospensione o riduzione dell’attività lavorativa (specificando il tipo di lavorazione in atto), mentre non è tenuta a produrre dichiarazioni che attestino l’entità della temperatura, né a produrre i bollettini meteo.
I lavoratori più a rischio con il caldo
Recentemente, una nota dell’Ispettorato nazionale del lavoro ha ricordato che “l’esposizione eccessiva allo stress termico comporta l’aumento del rischio infortunistico atteso che la prestazione lavorativa si espone a situazioni particolari di vulnerabilità”.
Nello stesso documento vengono segnalati anche i lavori considerati più a rischio in caso di ondate di caldo. Tra questi figurano i lavoratori che si occupano di edilizia civile e stradale (con particolare rilevanza per i cantieri e i siti industriali), comparto estrattivo, settore agricolo e della manutenzione del verde, comparto marittimo e balneare. Stesso discorso anche per i rider.
Tra i fattori da valutare nel rischio di stress termico ci sono gli orari di lavoro tra le 14 e le 17, oltre alle mansioni specifiche e alle attività che richiedono sforzo fisico abbinato all’utilizzo di dispositivi di protezione individuale. A fare la differenza può essere anche l’ubicazione del luogo di lavoro, la dimensione aziendale e le caratteristiche di ogni lavoratore (età, salute, status socioeconomico, genere).
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