E’ più che un mito il fatto che, a parità di mansione, le donne guadagnino meno degli uomini. E il problema non è solo italiano, ma quantomeno europeo: ecco perché l’Unione Europea ha deciso di porvi un freno con la direttiva 2023/970 che prevede il divieto del segreto sulle buste paga. In altre parole: si potranno conoscere gli stipendi dei colleghi e, nel caso di disparità di genere, chiedere i danni. Ecco, almeno sulla carta, quel che prevede la direttiva sul gender gap salariale.
Direttiva Ue sugli stipendi, quando entra in vigore
La direttiva, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale dell’Ue lo scorso maggio, dovrà essere recepita entro il 7 giugno 2026 per rendere operativa la parità salariale che, teoricamente, è già prevista dal Trattato di Roma, nonché ancor prima dalla Convenzione delle Nazioni Unite del 1979 e da altre e molte norme e convenzioni nel coreo della storia.
Il gender gap pay in Europa
Convenzioni che non hanno impedito nell’Unione di perpetrare la differenza di genere in busta paga. “Il divario retributivo di genere nell'Unione persiste, - si legge nella direttiva; - si è attestato al 13 % nel 2020, con variazioni significative tra gli Stati membri, e negli ultimi dieci anni si è ridotto solo in misura minima. Il divario retributivo di genere è causato da vari fattori, quali gli stereotipi di genere, il persistere del «soffitto di cristallo» e del «pavimento appiccicoso» e la segregazione orizzontale, compresa la sovrarappresentazione delle donne che svolgono lavori a bassa retribuzione nel settore dei servizi, e la diseguale condivisione delle responsabilità di assistenza. Inoltre, il divario retributivo di genere è in parte dovuto alla discriminazione retributiva basata sul genere, sia diretta che indiretta. Tutti tali elementi costituiscono ostacoli strutturali che pongono sfide complesse per quanto riguarda l'offerta di posti di lavoro di buona qualità e la realizzazione della parità di retribuzione per uno stesso lavoro o per un lavoro di pari valore e hanno conseguenze a lungo termine quali il divario pensionistico e la femminilizzazione della povertà.”
Cosa prevede la direttiva Ue sugli stipendi
Onde evitare che la mancata trasparenza sulle retribuzioni continui a perpetrare questo stato di cose, sono “necessarie misure vincolanti per migliorare la trasparenza retributiva, incoraggiare le organizzazioni a rivedere le loro strutture salariali per garantire la parità di retribuzione tra donne e uomini che svolgono lo stesso lavoro o un lavoro di pari valore e per consentire alle vittime di discriminazione di far valere il loro diritto alla parità di retribuzione. Tali misure vincolanti devono essere integrate da disposizioni che chiariscano i concetti giuridici esistenti, quali i concetti di retribuzione e di lavoro di pari valore, e da misure volte a migliorare i meccanismi di applicazione e l'accesso alla giustizia.” “L'applicazione del principio della parità di retribuzione, - si legge poi, - dovrebbe essere rafforzata eliminando la discriminazione retributiva diretta e indiretta. Ciò non impedisce ai datori di lavoro di retribuire in modo diverso i lavoratori che svolgono lo stesso lavoro o un lavoro di pari valore sulla base di criteri oggettivi, neutri sotto il profilo del genere e privi di pregiudizi, come le prestazioni e le competenze”.
A chi si applica la direttiva sugli stipendi
La direttiva sugli stipendi si applica a tutti i generi di lavoratori, che dovranno avere dei rappresentanti e ricevere informazioni sulle retribuzioni proprie e dei propri colleghi in ogni loro componente, nonché sui criteri attraverso i quali si arriva a stabilire un certo livello salariale. Nessuna clausola poi dovrebbe impedire di chiedere informazioni sulla retribuzione propria o di altre categorie di lavoratori.
Disparità di salario, quando chiedere i danni
Una volta ricevute le informazioni, più chiare possibili, sul proprio e altrui livello salariale, qualora lavoratori o lavoratrici (la direttiva è onnicomprensiva di tutti i generi, anche di quello neutro) siano chiaramente vittime di una discriminazione retributiva, potranno chiedere e ottenere un risarcimento con “recupero integrale delle retribuzioni arretrate e dei relativi bonus o pagamenti in natura, il risarcimento per le opportunità perse, il danno immateriale, i danni causati da altri fattori pertinenti che possono includere la discriminazione intersezionale, nonché gli interessi di mora”.
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