Intervenendo alla terza edizione di immonext, il forum di idee organizzato da idealista per riflettere su passato, presente e futuro del mercato immobiliare, Luca Dondi dall’Orologio, ad di Nomisma, ha offerto un quadro del settore e ha spiegato quali sono le questioni da affrontare.
Una storia che potrebbe risultare sorprendente per chi vive lontano da Milano: lontano da Milano il mercato non va così bene come nel capoluogo lombardo. Come mai?
Esistono una serie di fattori legati all’economia generale, quindi le economie meno dinamiche sono in difficoltà. Dal Pil capiamo che questo Paese cresce poco e non ha prospettive entusiasmanti. Inoltre, ci sono le tensioni finanziarie, che non si sono ancora riflesse sull’accesso al credito delle famiglie, ma potrebbero farlo in caso di livelli di spread ingestibili. Poi c’è il clima di fiducia: nel 2014 la ripresa era legata al clima di fiducia in miglioramento, ma ora questo elemento scricchiola.
C’è però un elemento di conforto, la domanda su Milano è di 2,5 milioni di richieste, se tutti riuscissero a portare a termine le transazioni avremmo un mercato di 400 miliardi. Ma ciò non accadrà perché molta di questa domanda probabilmente non è finanziabile data la difficoltà di accesso al credito.
Il credito ha rappresentato il driver principale della ripresa, ma oggi i criteri sono più selettivi e presuppongono una capacità reddituale delle famiglie più stringente. Se il numero delle compravendite è salito è dovuto ai prezzi, che sono deboli: a parte Milano, che ha una dinamica anomala, nel resto del Paese abbiamo prezzi in calo con prospettiva di stagnazione. Domanda e offerta stagnante e onda lunga della crisi ancora da scontare. Uno scenario di luci e ombre che ci conforta sulle compravendite. ma non sulla loro sostenibilità.
Difficilmente con una inflazione bassa come quella presente avremo una crescita di prezzi. Cosa potrebbe cambiare? La componente investimenti, quella più liquida e con capacità migliori rispetto alla domanda. Rappresenta però solo poco più del 13%, mentre il resto del mercato è legato alle esigenze abitative di sostituzione delle case. Il segmento della locazione è poi minoritario, ma rilevante, il valore dei contratti annuo è di 8 miliardi (potrebbero essere di 11 miliardi); quindi molta della domanda legata alla vendita si rivolgerà alla locazione perché non avrà le risorse per scegliere altro. Infine, la questione riqualificazione del patrimonio immobiliare vetusto: potrebbe valere 60 milioni di euro, ma va verificato se gli interventi hanno davvero ridato valore.
Quindi, i temi del futuro sono: dare una risposta all’esigenza abitativa che non può permettersi l’acquisto e dare una risposta alla riqualificazione del nostro patrimonio immobiliare, vecchio, obsoleto, inefficiente e inadeguato alle esigenze della modernità, e ai relativi incentivi per rimodernare qualcosa in più rispetto ai serramenti o al cappotto, estendendoli in una logica di macrointerventi legata non solo alla qualità dell’edificio, ma anche alla qualità del contesto.
Spesso infatti la domanda non chiede solo migliore prezzo o risparmio, ma anche ambiente, contesto, socialità, servizi, oltre le caratteristiche prestazionali. Gli incentivi che abbiamo avuto finora hanno tentato di risollevare le sorti di un settore in crisi, ma oggi abbiamo bisogno di interventi che guardino oltre, pensando più in grande, inserendo anche delle valutazioni dell’immobile nel proprio contesto. E delle valutazioni dell’impatto sociale degli interventi di riqualificazione. Cosa che solo il settore pubblico può portare avanti, in coordinamento con il privato. Passare quindi da una visione speculativa ad una visione innovativa per dare risposte diverse e più ampie per rispondere a categorie che dieci anni fa avevano esigenze molto diverse da quelle di oggi.
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