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Una sforbiciata sull’assegno che va dall’1,35 al 2,50 per cento. Si amplierà ancora, dall’anno prossimo, la differenza tra chi è andato già in pensione, soprattutto quando era in vigore il sistema retributivo, e chi ci deve andare. I nuovi coefficienti per il calcolo delle pensioni col sistema contributivo sono legati all’allungamento delle aspettative di vita, secondo quanto ha stabilito un decreto del ministero del Lavoro del 22 giugno e pubblicato ieri in Gazzetta Ufficiale.

Adeguamento speranza vita per le pensioni

Conseguenza di un decreto legge, il  78/2010, secondo il quale a ogni aumento della speranza di vita corrisponde una revisione dei coefficienti di trasformazione, al fine di garantire l'equilibrio finanziario del sistema. Vale a dire che, prevedendo una vita più lunga del lavoratore che va in pensione, in base ai contributi che ha versato, l’emolumento che riceve ogni mese dovrà essere più basso per poterlo ricevere per più tempo. Per non risentirne, le uniche scelte possibili sono ritardare il più possibile l’uscita dal mondo del lavoro o essersi costruiti una valida integrazione previdenziale nel corso degli anni della propria attività.

Quello ufficialmente in vigore da ieri rappresenta l'ultimo aggiornamento triennale. Il prossimo si avrà tra quattro anni, nel 2019, ma da allora la cadenza diventerà biennale, secondo quanto prevede  il decreto Salva Italia.

Calcolo pensione contributiva

Il passaggio dal sistema retributivo a quello contributivo, con conseguenti adeguamenti automatici, ha origine nella riforma Dini del 1995. Per effetto di quella Monti-Fornero , poi, coloro che avevano almeno 18 anni di contributi entro il 1995 vedono partire la quota contributiva dal 2012, mentre per gli altri essa decorre dal 1996.

Chi ha già maturato un diritto alla pensione, o lo maturerà prima della fine dell’anno, ha convenienza a esercitare tale diritto entro novembre (o dicembre se è un lavoratore pubblico), piuttosto che rimandarlo all’anno prossimo, per mantenere i coefficienti in vigore attualmente. Specialmente trattandosi, nella maggior parte dei casi, di lavoratori che hanno ancora una gran parte della pensione basata sul metodo retributivo.

È prevedibile, d’altra parte, che gli assegni siano destinati a farsi ancor più leggeri nei prossimi anni. Almeno fino a che non intervengano fattori che invertano il ciclo della durata della vita, che nessuno si augura, anche se il perdurare della crisi e della precarietà intergenerazionale potrebbe avere un effetto di tale tipo.

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