Intervista a Giuseppe Crupi, Ceo di Abitare Co.
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Il mercato delle nuove costruzioni è fondamentale per la soluzione al problema abitativo di Milano. Tuttavia, se la domanda di nuove case nel capoluogo milanese resta frizzante, l'offerta non lo è altrettanto. Inflazione, approvvigionamento materiali, tassi di interesse in aumento sono di ostacolo alla partenza di nuovi cantieri e, se il mercato rema contro, spesso i Piani di Governo del Territorio non sono sufficienti ad assicurare un'adeguata quota di abitazioni abbordabili. Una soluzione potrebbe venire dal passato; idealista/news ne ha parlato in un faccia a faccia con l'Ad di Abitare Co., Giuseppe Crupi.

A che punto è il mercato delle case nuove a Milano?

I numeri del 2022 ci avevano abituato davvero bene, ma il 2023 avrà numeri diversi. A livello nazionale quest’anno avremo probabilmente un 12,5 per cento in meno in termini di transazioni, che l’anno scorso sono state circa 780 mila, di cui circa 74 mila solo sulle nuove costruzioni. Il 2023 vedrà invece circa 700 mila transazioni di cui 70 mila sul nuovo.

Guardando solo Milano, dopo le 28.400 transazioni dell’anno scorso, che è stato un anno da record, nel 2023 avremo circa 26 mila transazioni, con un calo del 15-17 per cento.

Quanto ai volumi, Milano di solito si attesta intorno al 15 per cento del totale, quest’anno avremo un calo del 7 per cento sulla quota. Questo calo è dovuto non solo al rallentamento del mercato, ma anche e soprattutto al fatto che molti interventi immobiliari oggi non partono o sono in ritardo. E questo per vari motivi: perché le pratiche burocratiche sono più complesse, perché i tassi sui mutui sono più alti e le erogazioni bancarie richiedono tempi maggiori, e perché il costo degli appalti è cresciuto del 25 per cento, determinando una maggiore selezione del prodotto da mettere sul mercato.

Come è la domanda di nuove abitazioni a Milano?

Se a livello di offerta abbiamo un calo nel numero di appartamenti sul mercato, la domanda resta energica, soprattutto sul target medio di prodotto, dai 5 agli 8 mila euro al mq, che registra una domanda invariata. La difficoltà maggiore si registra sul target medio basso, intorno ai 4 mila euro al metro quadro. Questa domanda oggi si concentra su metrature inferiori o su spostamenti di zona, tenendo conto che questa fascia ha visto aumentare i tassi sui mutui fino a sfiorare il cinque per cento, il che spiega il calo nel numero delle transazioni.

Qual è il panorama sulle locazioni a Milano?

Il mondo della locazione a Milano vede la domanda aumentare nettamente in scia all’aumento del numero di residenti a Milano. D’altro canto l’offerta di prodotto è sempre inferiore alla domanda, per i motivi di cui sopra, e non adeguata alle aspettative dei nuovi residenti, che cercano un prodotto di qualità per il quale sono anche disposti a spendere qualcosa in più.

Questo genera l’aumento dei canoni di locazione che, in presenza di offerta limitata, a sua volta spinge in alto i valori di affitto, con le conseguenze che conosciamo sul caro affitti.

Come mai l’offerta di nuovi appartamenti non riesce a tenere il passo con la domanda?

Sicuramente i tassi Bce non aiutano perché il costo del denaro è più alto, i valori di realizzazione delle costruzioni sale, gli oneri di urbanizzazione aumentano, e quindi già solo a livello di costi registriamo rincari importanti.

D’altro canto gli sviluppatori devono vedere remunerato il proprio investimento, e con questi tassi i margini si sono molto ridotti, non si possono fare operazioni immobiliari in perdita.

Per rispondere alla domanda abitativa occorre realizzare prodotti diversificati: il build to rent ad esempio è un prodotto realizzato da diversi sviluppatori, mentre a livello di amministrazione comunale ci sono diverse iniziative per Ers, housing sociale, albergo diffuso. Purtroppo queste iniziative a volte si scontrano con vari problemi e restano solo sulla carta.

Quali problemi impediscono all’edilizia convenzionata di svilupparsi?

Innanzitutto a volte l’accesso all’edilizia convenzionata è subordinato a un target di Isee francamente troppo basso per la città di Milano, il che rischia in partenza di vanificare le iniziative. Poi c’è il problema dei canoni e delle norme sugli sviluppi immobiliari. Ad oggi i progetti superiori ai 10 mila mq vanno sviluppati per il 60 per cento in edilizia libera e per il 40 per cento in edilizia agevolata. Ma i canoni agevolati vanno adeguati al mercato, altrimenti diventano insostenibili, alla luce dei maggiori costi di realizzazione degli sviluppi immobiliari. Inoltre si parla di modificare le quote fino a raggiungere il 50 per cento di edilizia agevolata nei progetti già a partire da 7 mila metri quadrati, ma non c’è ancora nulla di certo. E di conseguenza gli sviluppatori hanno i cantieri fermi in attesa di capire come si evolveranno queste norme. Il rischio è che ci siano moltissimi progetti, ma che restino solo sulla carta.

Come risolvere questo problema?

Milano deve cercare di essere una città aperta che dia una casa a tutti, ma occorre considerare che è una città piccola rispetto ad altre metropoli europee. Bisognerebbe quindi pensare a Milano come città metropolitana, con progetti Ers da allargare ai comuni dell’hinterland, in cui i valori immobiliari sono meno elevati, creando prodotti destinati ad uno spettro territoriale più vasto. Inoltre

si potrebbe tornare a guardare al passato: negli anni 70-80 si faceva edilizia convenzionata espropriando terreni e realizzando progetti residenziali tramite cooperative

che davano a tutti, anche agli operai, la possibilità di acquistare una casa a prezzo abbordabile. Oggi alcune fasce sociali semplicemente non si possono permettere di comprare una casa e fanno fatica anche ad andare in affitto.

Come è cambiato l’abitare dopo il covid?

Il covid ha generato un cambiamento nel modo di vivere l’abitazione, ad esempio si è capito il bisogno di avere uno spazio esterno o un luogo dentro casa per poter coltivare il proprio hobby. Nel 2021-2022 è esplosa la domanda di case più grandi, con disponibilità a spostarsi anche di qualche chilometro dal centro città a fronte della possibilità di avere appartamenti più grandi e più vivibili. Oggi il mercato è cambiato ancora, tornando a rivolgersi ad appartamenti più piccoli, ma questo a causa del cambiamento del mercato del credito.

La priorità oggi, oltre ad avere ovviamente una casa che non faccia rinunciare a nulla, è essere in grado di pagarla.

E se da un lato è vero che a livello nazionale solo il 20 per cento delle case è stata acquistata con mutuo, è anche vero che i tre quarti di chi compra una casa nuova la compra con un mutuo, con importi che coprono fino al 75 per cento del valore della casa. E si tratta spesso di una fascia di clienti che acquista case al di sotto degli 8 mila euro al metro quadro, ovvero una fascia con redditi non troppo alti, per i quali l’accesso al credito è importante. Oggi quindi l’offerta deve adeguarsi a questa domanda di case più piccole, ma deve anche fare propria l’esperienza del post covid, con servizi completi, tecnologia, spazi esterni, aree comuni per recuperare il piacere di vivere insieme.

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