Bilanci in dissesto per circa 180 comuni italiani. È questa la situazione del nostro paese. Negli ultimi anni gli enti in crisi sono aumentati a dismisura: nel 2009 quelli ufficialmente in dissesto erano due, nel 2010 otto e a metà di quest'anno sessantatre
Come evidenziato dalla repubblica, se a casal di principe, che conta 20mila abitanti, i debiti ammontano a 16 milioni di euro, ad Alessandria (93mila abitanti) se ne registrano 200 milioni, lo stesso a Caserta (77mila abitanti). Il grosso problema, in questi casi, è riuscire a liquidare i creditori cercando di mantenere i servizi. Per farlo si cerca di tagliare le spese all'osso, magari vendendo i beni, cercando così di alzare le entrate
Oppure si devono alzare le tariffe e le tasse comunali al massimo, o ancora consolidare i debiti delle società partecipate, mettere in cassa integrazione molti dipendenti e bloccare gli investimenti. In questa situazione, i comuni più piccoli puntano il dito contro quelli più grandi, ai quali - per il fatto magari di essere grandi bacini di voti - non vengono richiesti gli stessi sacrifici
Ma non c'è solo la fase di dissesto, c'è anche quella di "pre-dissesto". In questi casi i comuni finiscono per dover fare i conti con il cosiddetto "piano di riequilibrio". Tale fase è meno dura rispetto a quella di ristrutturazione e spesso si limita a un lungo rinvio delle scadenze di pagamento e alla cancellazione degli interessi di mora. Nel "piano di riequilibrio" rientrano circa 120 città, tra cui Napoli, Catania, Messina, Reggio Calabria, Frosinone
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