E’ un'Italia ferma in un letargo esistenziale collettivo quella fotografata dal Rapporto Censis 2015. I ricercatori guidati dal presidente del Censis, Giuseppe De Rita, hanno evidenziato che “oggi c’è una pericolosa povertà di interpretazione sistemica, di progettazione per il futuro, di disegni programmatici di medio periodo. Prevale una dinamica di opinione, messa in moto da quel che avviene giorno per giorno”. A vincere sono “l’interesse particolare, il soggettivismo, l’egoismo individuale e non maturano valori collettivi e interessi comuni”. Così, “crescono le diseguaglianze, con una caduta della coesione sociale”.
La propensione al risparmio
Da un punto di vista economico, il Rapporto Censis ha evidenziato che ammonta a più di 4.000 miliardi di euro il valore del patrimonio finanziario degli italiani. In particolare, “in quattro anni (giugno 2011-giugno 2015) ha registrato un incremento di 401,5 miliardi: +6,2% in termini reali”.
Secondo quanto emerso: “Negli anni della crisi la composizione del portafoglio delle attività finanziarie delle famiglie ha sancito il passaggio a una opzione fortemente difensiva degli italiani: il contante e i depositi bancari sono saliti da una quota pari al 23,6% del totale nel 2007 al 30,9% nel 2014, mentre sono crollate le azioni (dal 31,8% al 23,7%) e le obbligazioni (dal 17,6% al 10,8%). Negli ultimi dodici mesi (giugno 2014-giugno 2015) si conferma l’opzione cautelativa degli italiani, con un incremento di 45 miliardi di euro della liquidità (+6,3%) e di 73 miliardi in assicurazioni e fondi pensione (+9,4%), e con la rinnovata contrazione di azioni e partecipazioni (10 miliardi in meno, pari a una riduzione dell’1,2%). D’altro canto, il risparmio è ancora la scialuppa di salvataggio nel quotidiano, visto che nell’anno trascorso 3,1 milioni di famiglie hanno dovuto mettere mano ai risparmi per fronteggiare gap di reddito rispetto alle spese mensili”.
La situazione del mattone
Sul fronte degli investimenti, il mattone ha ricominciato ad attrarre risorse. A segnalarlo il boom delle richieste di mutui (+94,3% nel periodo gennaio-ottobre 2015 rispetto allo stesso periodo del 2014) e l’andamento delle transazioni immobiliari (+6,6% di compravendite di abitazioni nel secondo trimestre del 2015 rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente).
Ma non solo. Si diffonde la propensione a mettere a reddito il patrimonio immobiliare: 560.000 italiani dichiarano di aver gestito una struttura ricettiva per turisti, come case vacanza o bed & breakfast, generando un fatturato stimabile in circa 6 miliardi di euro, in gran parte sommerso.
Il mercato del lavoro
E cosa accade sul fronte dell’occupazione? Il Rapporto ha sottolineato che dall’entrata in vigore del Jobs Act, il mercato del lavoro “ha visto rimbalzare l’occupazione di 204.000 unità”, ma “siamo ancora lontani dal recuperare la situazione pre-crisi, dato che nel terzo trimestre dell’anno, rispetto allo stesso periodo del 2008, mancano all’appello 551.000 posti di lavoro”.
La disoccupazione si riduce all’11,9%, “una cifra molto lontana però dal 6,7% del 2008”. Per i giovani (15-24 anni) si registra un crollo dell’occupazione, proseguito anche nel 2015, “con un recupero ora di appena 9.000 unità rispetto al primo trimestre. Il loro tasso di disoccupazione è praticamente raddoppiato in sei anni, con un picco del 42,7% nel 2014 e poi un calo di 1,4 punti tra il primo e il terzo trimestre di quest’anno”. Mentre l’occupazione femminile “ha guadagnato 64.000 posti di lavoro in sei anni e si registra ancora un incremento di 35.000 occupate tra il primo e il terzo trimestre del 2015”.
Continuano, inoltre, a crescere i lavoratori più anziani (55-64 anni), si consolida la presenza nel mercato del lavoro della componente straniera, mentre permangono criticità che rischiano di cronicizzarsi e qui si fa riferimento ai Neet, “i giovani che non studiano e non lavorano (i Neet) sono 2,2 milioni”.
I comparti vincenti
Ma da dove può ripartire il nostro Paese, secondo il Censis il driver vincente è quello dell’ibridazione di settori e competenze tradizionali. Il Rapporto sottolinea che oggi il “primo fattore di riposizionamento dei vincenti è il rapporto con la globalità, profondamente modificato dall’abbattimento delle barriere e dei costi di ingresso grazie al digitale”; chi negli anni delle ristrettezze interne “ha vinto ogni pulsione protezionista o di pura trincea, ed è andato verso l’esterno assumendosene i rischi e accettando le sfide, adesso incassa il dividendo di tale scelta”.
Le esportazioni, che valgono il 29,6% del Pil, “nonostante il contraccolpo causato dalla crisi dei mercati emergenti, hanno continuato a crescere anche negli anni della crisi e nei primi nove mesi dell’anno segnano un +4,2% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente”. Bene i produttori di macchine e apparecchiature, con un surplus di 50,2 miliardi di euro nel 2014, “l’Italia oggi è leader nella produzione di macchinari per produrre altri macchinari”.
E ancora: “Vince l’agroalimentare, che nell’anno dell’Expo fa il boom di esportazioni (+6,2% nei primi otto mesi del 2015) e riconquista la leadership nel mercato mondiale del vino (con oltre 3 miliardi di export). Vincono i comparti consolidati dell’abbigliamento (+1,4% di export nei primi otto mesi dell’anno), della pelletteria (+4,5%), dei mobili (+6,3%), dei gioielli (+11,8%). E vince un settore trasversale per vocazione come quello creativo-culturale, con 43 miliardi di export.
Il punto di forza, però, sta “in una rinnovata ibridazione di settori e competenze tradizionali che produce un nuovo stile italiano”. Il Rapporto dice che “il risultato di questa ibridazione è una trasformazione dei settori tradizionali. Il design e la moda ne sono l’archetipo (ibridazione di qualità, saper fare artigiano, estetica, brand)”. Il successo poi della gastronomia italiana “ha agganciato lo sviluppo della filiera agroalimentare, legandola anche al turismo, alle bellezze paesaggistiche e culturali del Paese, grazie anche al volano delle piattaforme digitali”.
per commentare devi effettuare il login con il tuo account