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Con la tecnologia che avanza muta anche il modo di comunicare. Pure quando si tratta di licenziamenti. Di recente, due diversi Tribunali hanno giudicato legittima l’interruzione del rapporto di lavoro comunicata via sms o WhatsApp.

Il Tribunale del Lavoro di Catania ha stabilito nei giorni scorsi che un dipendente può essere lasciato a casa anche tramite social network, ritenendo che il licenziamento “intimato su WhatsApp” assolva agli oneri di forma che ogni interruzione di rapporto di lavoro deve rispettare.

Nel caso specifico, il giudice ha rigettato il ricorso presentato da una dipendente di un’agenzia di viaggi catanese, che dopo un anno e mezzo di rapporto subordinato è stata licenziata per mezzo del servizio di messaggistica di Facebook.

Secondo il giudice “la volontà di licenziare è stata comunicata per iscritto alla lavoratrice in maniera inequivoca, come del resto dimostra la reazione da subito manifesta dalla predetta parte”. Nel rigettare la richiesta di ricorso della donna, il giudice ha ricordato una posizione della Cassazione che tempo fa aveva chiarito che per licenziare non è necessario “per il datore di lavoro” adoperare “formule sacramentali”, visto che la “la volontà di licenziare” può essere “comunicata al lavoratore anche in forma indiretta, purché chiara”.

Come sottolineato dal quotidiano La Repubblica, in merito alla questione l’avvocato Fabrizio Daverio dello studio legale Daverio&Florio, che in Italia rappresenta Innangard, il network internazionale specializzato nel diritto del lavoro, ha evidenziato che “l’utilizzo dei social network, come WhatsApp, per licenziare un dipendente rispecchia i tempi moderni, ma non è una novità. Nel 2016 il Tribunale di Genova ha affrontato il caso di un barista addetto alla preparazione di aperitivi che è stato licenziato dal datore di lavoro con un sms dal seguente contenuto: ‘Non faccio più aperitivi, buona fortuna’”.

Secondo quanto ricostruito dall’esperto, il giudice aveva ritenuto che “il messaggio, inserito nel contesto dei rapporti intercorsi tra le parti, manifestava chiaramente la volontà della società di risolvere il rapporto”. L’avvocato ha spiegato che “secondo il giudicante l’sms è, in definitiva, un documento informatico, sottoscritto con firma elettronica”.

Il legale ha poi aggiunto che però non è una presa di posizione univoca, “anche per i possibili dubbi sulla provenienza del messaggio. Probabilmente occorre distinguere fra piccole aziende, dove i social possono essere una piattaforma di dialogo lavorativo, e medie-grandi, dove ci sono sistemi informatici sofisticati e articolate policy di validità delle comunicazioni. In ogni caso dovranno essere evitati i messaggi che si autocancellano, e, invece, affidarsi alle ‘spunte blu’ per avere la prova della ricezione”.

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