Dopo lo scoppio delle inchieste giudiziarie, gli ex vertici della Popolare di Vicenza hanno provato a mettere al sicuro i propri beni. Ma in molti casi lo hanno fatto in ritardo, rendendo gli immobili in questione aggredibili. Il Corriere della Sera ha ricostruito cosa è successo e in che modo potrebbero essere risarciti i risparmiatori truffati.
Secondo quanto riportato dal quotidiano, tra il 2015 e il 2017, mentre i magistrati ordinavano perquisizioni e sequestri e la Guardia di Finanza esaminava i bilanci, i componenti del Cda erano intenti ad occultare case e terreni. Ma la maggior parte si è mossa in ritardo, rendendo gli immobili aggredibili. Questo significa che tali beni potrebbero essere utilizzati per risarcire i risparmiatori truffati.
Al momento, l’unica istanza presentata dai magistrati per il blocco preventivo di 104 milioni di euro non è stata accolta dal giudice e non risulta che analoghe richieste siano state depositate nell’ambito delle azioni di responsabilità avviate contro gli ex amministratori. E’ necessario capire il perché e perché i liquidatori, in rappresentanza dello Stato, non abbiano ancora chiesto i sequestri cautelativi dei beni.
Tre mesi dopo il 22 settembre del 2015, quando l’indagine guidata dal procuratore Antonino Cappelleri per aggiotaggio e ostacolo alla Vigilanza viene svelata con una perquisizione nella sede della banca e l’iscrizione nel registro degli indagati del presidente Gianni Zonin, cominciano le dismissioni.
Il consigliere Marino Breganze prima si disfa delle abitazioni che possiede a Verona e poi, il 4 dicembre 2015, vende con due rogiti distinti tutti i terreni dei quali era proprietario nella stessa provincia. Il 23 dicembre il consigliere Andrea Monorchio dona ai figli i beni che possiede a Roma. Il giorno successivo Breganze trasferisce ai figli una parte dei beni che possiede a Vicenza. L’11 dicembre Gianfranco Pavan vende un immobile alla Usl di Vicenza. Il 30 dicembre è la volta di Maurizio Stella che passa ai figli e alla moglie, riservandosi il diritto di usufrutto, i propri beni.
Nel giugno del 2016 i magistrati compiono altri atti istruttori, ma molte proprietà degli amministratori sono già passate di mano. Il 1° gennaio 2016 Gianni Zonin dona al figlio una parte dei beni con diritto di abitazione, mentre il 13 maggio cede la restante parte alla consorte. Il 26 febbraio il consigliere Giorgio Colutta costituisce un fondo patrimoniale con “vincolo per fini meritevoli” in favore della moglie e dei figli e tre giorni dopo, con un altro atto, conferisce alla società di famiglia gli altri immobili. Giovanni Dossena già nel 2013 ha fatto confluire i propri beni in un fondo patrimoniale costituito nel 2002, il 18 febbraio 2016 concede un’ipoteca volontaria a favore di Mps come garanzia di un finanziamento da 200mila euro. Maria Carla Macola il 16 marzo 2016 dona le proprietà che ha a Belluno; con due rogiti dona ai figli gli appartamenti che possiede a Padova riservandosi il diritto di abitazione; tra agosto e ottobre vende invece la parte dell’azienda agricola di famiglia a lei riconducibile. Il 27 ottobre Giuseppe Zigliotto fa confluire in un fondo patrimoniale alcuni beni acquistati quello stesso giorno. Il 22 dicembre Gianfranco Pavan termina la liquidazione del patrimonio che aveva cominciato il 28 febbraio 2013 a favore dei familiari.
A fine dicembre 2016 i nuovi soci guidati dal neo amministratore delegato Fabrizio Viola avviano l’azione di responsabilità nei confronti degli ex vertici. A luglio 2017 gli indagati ricevono l’avviso di fine indagine, a ottobre viene chiesto il rinvio a giudizio di Zonin e altri. Breganze vende tutto ciò che gli è rimasto a Venezia e Vicenza. Il 9 agosto Roberto Zuccato mette un’ipoteca da 250mila euro sugli immobili che possiede a Schio e Venezia.
Il Corriere della Sera ha poi evidenziato che nell’atto di cessione delle parti industrialmente sane di Veneto Banca e della Banca Popolare di Vicenza a Intesa Sanpaolo firmato il 26 giugno scorso nello studio notarile Marchetti a Milano, c’è un paragrafo nel quale si specifica che restano esclusi dalla cessione a Intesa “i diritti e le azioni di responsabilità e risarcitorie promosse dagli organi sociali di BpVi e VB prima della loro messa in liquidazione o promosse dagli organi della procedura di liquidazione”.
Questo vuol dire che tocca ai liquidatori della Vicenza, lo stesso Viola, Claudio Ferrario e Giustino Di Cecco, chiedere il sequestro cautelativo dei beni dei 32 amministratori di Vicenza già citati per mala gestione. Al di sopra di loro tre, tocca però al governo: è il Ministero dell’Economia che ha nominato i tre liquidatori, quindi finanziato il loro intervento ed è ai contribuenti italiani che spettano gli eventuali proventi di ogni azione risarcitoria su chi ha guidato la Vicenza al tracollo.
Il Corriere della Sera ha infine posto l'accento sul fatto che, quando rappresentava il fondo Atlante Viola si era già mosso con una richiesta per oltre un miliardo, ma adesso che rappresenta lo Stato italiano non ha ancora chiesto i sequestri cautelativi.
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