
Quello della donazione tra coniugi in regime di comunione dei beni è un tema giuridico delicato, poiché coinvolge sia la gestione del patrimonio familiare che determina delle precise conseguenze legali. Infatti, nonostante la comunione stretta fra i partner, il bene donato resta di proprietà esclusiva della parte che lo riceve. Ma come funziona questa particolare forma di donazione e in che modo può essere formalizzata?
Come funziona la donazione al coniuge in comunione dei beni
La donazione tra coniugi in regime di comunione dei beni è un atto giuridico, attraverso il quale una delle parti trasferisce all’altra un diritto - come la proprietà di un bene, ad esempio un immobile - in modo esclusivo.
Sebbene la comunione dei beni, regolata dagli articoli 177-179 del Codice Civile, implichi che i beni acquistati durante il matrimonio appartengano generalmente in egual misura ai coniugi, salvo le eccezioni previste, la donazione rappresenta un caso particolare.
Lo spirito di liberalità nella donazione fra coniugi
Prima di entrare nel dettaglio della donazione fra coniugi, e delle norme che la regolano, è innanzitutto necessario spiegare perché questo tipo di trasferimento comporta la proprietà esclusiva del bene donato, nonostante la comunione dei beni.

La questione è inerente allo spirito di liberalità - come spiegato nell’articolo 769 del Codice Civile, relativo proprio alle donazioni - ovvero alla facoltà con cui una persona trasferisce gratuitamente un diritto o un bene a un’altra, senza ottenere nulla in cambio. Fino al 1975, vigeva il divieto di donazione fra i coniugi: per effetto dell’articolo 781 del Codice Civile, fra marito e moglie non poteva esistere alcuna liberalità, fatta eccezione per quelle conforme agli usi. In altre parole:
- i coniugi non avevano possibilità di donarsi reciprocamente beni significativi, come ad esempio degli immobili;
- il timore era che le donazioni interne ai coniugi potessero alterare l’equilibrio patrimoniale della famiglia o, ancora, ledere i diritti di terzi, come ad esempio gli eredi.
Con la Legge 151/1975, questo divieto è stato però abrogato: da allora, le persone sposate hanno facoltà di procedere alle donazioni, purché rispettino le formalità notarili previste dall’articolo 782 del Codice Civile e, ancora, i diritti di eventuali eredi legittimi.
Proprio poiché la donazione si basa sullo spirito di liberalità, senza corrispettivo per il donante, i beni trasferiti restano di proprietà esclusiva del donatario. L’articolo 179 del Codice Civile esclude infatti i beni ricevuti in donazione dopo il matrimonio dalla comunione.
I requisiti per la donazione fra coniugi
Appurato che i coniugi abbiano il diritto di procedere a donazione reciproca, se mossi dallo spirito di liberalità, è indispensabile comprendere i requisiti di questa tipologia di trasferimento.
Come già visto, l’articolo 769 del Codice Civile definisce la donazione come un contratto con cui una parte, il donante, arricchisce un’altra, il donatario, trasferendo gratuitamente un diritto o un bene per spirito di liberalità. Si tratta a tutti gli effetti di uno specifico atto giuridico, differente ad esempio dalla compravendita, che impone un’intenzione chiara e consapevole del donante di arricchire il donatario, in assenza di vantaggi di ritorno.
L’articolo 782 del Codice Civile specifica alcuni dei requisiti per le donazioni, comprese quelle fra coniugi. Queste dovranno infatti essere formalizzate:
- con un atto pubblico davanti al notaio;
- in presenza di due testimoni;
- garantendo la validità dell’atto e la sua opponibilità a terzi.
L’atto richiede l’esplicita accettazione da parte del donatario, che manifesta la volontà di ricevere il bene, purché:
- il donante abbia la capacità giuridica di disporre del bene stesso, ai sensi degli articoli 774 e 775 del Codice Civile;
- non vengano lesi i diritti di terzi, come i creditori, in base all’articolo 2901 del Codice Civile;
- si rispettino i diritti degli eredi legittimari, come da articolo 557 del Codice Civile.
Una volta accettato, l’atto di donazione fra coniugi verrà registrato all’Agenzia delle Entrate e trascritto sui registri immobiliari, appunto affinché sia opponibile a terzi.
A questo scopo, è utile specificare che la donazione è formalmente diversa dall’intestazione di un immobile al coniuge in comunione dei beni. In questo caso, si può parlare più propriamente di donazione indiretta tra coniugi in regime di comunione dei beni, che si verifica quando una parte paga per l’acquisto di un immobile intestato esclusivamente all’altro partner. Anche in questa situazione, tuttavia, il bene non rientra nella comunione.
Come posso donare il 50% di un immobile al mio coniuge
Ma cosa succede se, anziché voler trasferire completamente la proprietà di un bene - ad esempio, un immobile -, i coniugi volessero procedere solo con una porzione dello stesso? Ad esempio, come avviene la donazione al 50% di un immobile tra moglie e marito?
In linea generale, questa tipologia di donazione è possibile quando il coniuge:
- possiede delle quote esclusive sull’immobile, come quelle acquisite prima del matrimonio o tramite eredità;
- purché non influiscano sulla comunione dei beni.
È il caso, ad esempio, delle quote ottenute a seguito di una successione in comunione dei beni, che restano personali ai sensi dell’articolo 179 del Codice Civile. Accertata l’esclusività, per una donazione al 50% si procederà con un atto pubblico notarile, così come appreso dal già citato articolo 782 del Codice Civile, formalizzato davanti al notaio in presenza di due testimoni. Affinché l’atto sia valido, sarà indispensabile:
- fornire tutta la documentazione necessaria al notaio, come la documentazione relativa all’immobile, l’atto di provenienza - ad esempio, l’atto d’acquisto o di successione - i certificati catastali e la planimetria. Questo perché il notaio deve verificare che l’immobile non sia gravato da ipoteche, pignoramenti o altri vincoli;
- procedere all’accettazione da parte del donatario, in base all’articolo 769 del Codice Civile, che richiede l’esplicita volontà del ricevente. L’accettazione è contestuale alla stipula dell’atto notarile;
- registrare l’atto presso l’Agenzia delle Entrate e trascriverlo nei registri immobiliari, affinché sia opponibile a terzi;
- corrispondere l’imposta di donazione, calcolata in base al valore del bene e al grado di parentela, con una franchigia di esenzione fino a un milione di euro per i coniugi, come previsto dal D.Lgs. 346/1990. Sono inoltre dovute le imposte ipotecarie e catastali in misura fissa.
Cosa non rientra nella comunione dei beni
Come si è visto nei precedenti paragrafi, non tutti i beni ricevuti in eredità rientrano nel regime di comunione. È quindi più che lecito domandarsi cosa non rientra nella condivisione paritaria fra i coniugi.
A spiegarlo è l’articolo 179 del Codice Civile, che elenca ciò che rimane di proprietà esclusiva dei singoli coniugi. Nel dettaglio, sono esclusi dalla comunione i beni:
- posseduti prima del matrimonio, indipendentemente si tratti di beni mobili o immobili;
- ricevuti in donazione dopo il matrimonio, come già specificato;
- ricevuti in eredità, salvo che il testatore abbia espressamente disposto la loro inclusione nella comunione;
- a uso strettamente personale, quali capi d’abbigliamento, gioielli, strumenti di lavoro;
- ottenuti a titolo di risarcimento dei danni, sia fisici che morali;
- acquistati con il ricavato di beni personali, già esclusi dalla comunione.

Come facile intuire, si tratta di una situazione decisamente diversa da quella che si può verificare in una donazione tra coniugi in regime di separazione dei beni, dove tutti i beni sono già considerati personali, facilitando così le possibilità di trasferimento gratuite.
Perché è sconsigliata la donazione di una casa
Prima di procedere alla donazione tra coniugi, è infine utile prendere in considerazioni le ragioni che potrebbero rendere questo trasferimento sconsigliato. Infatti, bisogna valutarne attentamente le implicazioni giuridiche, fiscali e pratiche. In particolare:
- la donazione può essere revocata, ai sensi dell’articolo 803 del Codice Civile, per ingratitudine o per sopravvivenza di figli, pur trattandosi di casistiche rare tra i coniugi;
- la donazione può essere contestata da legittimari, come i figli o gli eredi, se ritengono sia stata violata la loro quota di legittima, in base all’articolo 557 del Codice Civile;
- gli immobili donati sono spesso più difficili da vendere sul mercato immobiliare, perché i potenziali acquirenti temono future azioni di riduzione da parte degli eredi legittimi;
- possono sorgere complicazioni in caso di separazione o divorzio, poiché allo scioglimento della comunione dei beni, la presenza di un immobile donato potrebbe rendere più difficoltosa la divisione patrimoniale, soprattutto se non adeguatamente documentato.
Per queste ragioni, è sempre utile vagliare preventivamente il parere del proprio legale di fiducia, così da accertarsi sui vantaggi e gli svantaggi prima della stipula dell’atto notarile.
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