idealista/news ha intervistato Giancarlo Tancredi, assessore alla rigenerazione urbana del Comune di Milano
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Il volto di Milano è cambiato nell’ultimo decennio. A partire da Expo 2015, il capoluogo lombardo si è reso protagonista di una spinta alla riqualificazione urbana senza precedenti, arrivando a modificare completamente la faccia di interi quartieri, che oggi ambiscono ad eguagliare la grandezza architettonica delle più iconiche aree nelle grandi capitali europee. Milano è sulla buona strada ma molto c’è ancora da fare: idealista/news ne ha parlato con Giancarlo Tancredi, assessore alla rigenerazione urbana del Comune di Milano, che ha spiegato, tra l’altro, gli obbiettivi dell’amministrazione pubblica in tema di abitare sostenibile.Il volto di Milano è cambiato nell’ultimo decennio. A partire da Expo 2015, il capoluogo lombardo si è reso protagonista di una spinta alla riqualificazione urbana senza precedenti, arrivando a modificare completamente la faccia di interi quartieri, che oggi ambiscono ad eguagliare la grandezza architettonica delle più iconiche aree nelle grandi capitali europee. Milano è sulla buona strada ma molto c’è ancora da fare: idealista/news ne ha parlato con Giancarlo Tancredi, assessore alla rigenerazione urbana del Comune di Milano, che ha spiegato, tra l’altro, gli obbiettivi dell’amministrazione pubblica in tema di abitare sostenibile.

“Milano ha vissuto un periodo di rinascita e riposizionamento, partito dai primi anni 2000 culminato con Expo e che prosegue ancora oggi, - spiega l’Assessore. – Il tutto attirando una notevole crescita ed interesse in termini di investimenti. I progetti simbolo di questa fase sono noti: Porta Nuova, Garibaldi, Repubblica, Citylife, Fieramilanocity ridimensionata e trasferita a nord ovest. Questi progetti ci hanno lasciato una città diversa, ancora più aperta a una dimensione internazionale per quanto riguarda la moda e il design, settori di punta da sempre”.

La grandezza di Milano tutti la conoscono. Ma quali sono i punti critici della città?

Il problema è che questo sviluppo ha lasciato le tipiche criticità delle città di successo, in primis il problema degli squilibri sociali.

Alcuni cittadini che vivono e lavorano a Milano oggi sperimentano difficoltà rispetto al prezzo degli immobili e al costo della vita, perché con questa ascesa i valori immobiliari di Milano sono saliti oltre l’immaginato.

Lo sviluppo quindi genera il tema non banale del preservare gli equilibri sociali. Ovviamente ci sono sempre state differenze sociali ed economiche, ma c’è sempre stata anche l’attenzione della città alle fasce di basso reddito e occorre mantenerla.

Questo si riallaccia alla questione abitativa e all’abitare sostenibile a Milano

Non nasce oggi il tema dell’abitare sostenibile, solo oggi è forse più sentito. Milano già da tempo e’ una città che guarda all’housing sociale: se si guarda al patrimonio abitativo di Milano, su 800 mila alloggi 70 mila sono in edilizia pubblica, un venti per cento circa, mentre le case di cooperativa ammontano intorno alle 200 mila. Un altro forte impulso viene dai due Pgt delle amministrazioni Pisapia e Sala con l’obbligo, oltre i diecimila metri quadri di interventi urbanistici, di destinare il 40 per cento all’housing sociale in affitto o vendita. Ovviamente nemmeno questo basta,

il nuovo piano introdurrà una nuova regolamentazione per far crescere ancora questa offerta. Tuttavia non vogliamo che si tratti di obblighi calati dall’alto,

stiamo ragionando con gli esperti, le cooperative e anche la popolazione. Il piano deve risultare da una interazione tra tutte le parti coinvolte.

È stato proposto il canone calmierato continuo, può essere una soluzione?

La proprietà indivisa, cioè il pagare in perpetuo un affitto calmierato pur senza mai diventare proprietario, è una soluzione che a me piace molto. Tuttavia questa tipologia di contratto ha subito uno stop, non certo per opposizione del Comune, ma perché i soggetti che di solito trattano queste proposte si erano arenati. A noi hanno proposto di rilanciarlo e ci sta benissimo, del resto è qualcosa che accade in tutte le grandi città europee più votate all’affitto. Certo in Italia siamo tradizionalmente più legati alla proprietà, ma è una formula che può funzionare anche da noi.

Come gestire concretamente l’offerta di housing sociale?

Calare dall’alto le regole solo per fare bella figura aprendo alle case a basso costo ma senza che ci siano le condizioni, come dicevo, non serve a molto. Le nostre proposte devono essere comunque valutate con tutti i soggetti interessati in modo da trovare un punto di incontro che soddisfi tutti. La Regione sta facendo degli investimenti sull’housing sociale di cui vanno compresi i dettagli.

Nel Piano casa del governo attualmente non c’e’ nulla sull’abitare sostenibile, ma sarebbe auspicabile perché per attuare prezzi calmierati non serve solo l’accordo tra il Comune e gli operatori,

ma serve anche una leva finanziaria. Molte grandi città affrontano questo problema, non solo Milano, quindi deve diventare una scelta strategica a livello di Paese. Se le grandi città sono considerate il motore e la “faccia” che il Paese mostra al mondo, occorre sostenerle a livello centrale con agevolazioni fiscali o sostegni finanziari.

Quali sono gli obbiettivi e i progetti del nuovo Pgt?

I temi da affrontare sono diversi, senz’altro il problema abitativo è centrale ma non è l’unico. Abbiamo il tema della sostenibilità ambientale e della mobilità: le condizioni di Milano non aiutano come anche l’abitudine all’utilizzo dei mezzi privati. L’obbiettivo è ridurre la mobilita veicolare in tempi brevi, ma ovviamente si tratta di progetti a lungo termine. Sostenibilità si intende anche nelle costruzioni, pianificare a livello urbano i quartieri e i singoli borghi da riprogettare mantenendone l’identità.

Non sempre costruire significa demolire e rifare, occorre invece puntare sul restyling, con modalità che Milano potrebbe proporre a modello per tutto il Paese.

A livello metropolitano, invece, occorre cercare di allargare il perimetro della città interloquendo con i Comuni dell’hinterland e creare nuove centralità proponendo strategie comuni, creando delle porte di accesso alla metropoli in corrispondenza degli interscambi tra le tangenziali.

Quali sono le principali difficoltà alla “città dei 15 minuti”?

Soprattutto le abitudini dei milanesi, ma degli italiani in generale; è una questione di cultura e abitudine, più che di interventi. Occorre al futuro, confrontarci con i nostri figli. Le nuove generazioni sono molto sensibili al tema della mobilità, quelle precedenti sono invece più legate all’auto e hanno un lavoro culturale in più da fare. Poi esiste il tema di coloro che vengono dai Comuni dell’hinterland per lavorare a Milano: ovviamente nel loro caso l’auto è preferita perché non possono rischiare di perdere un treno.  Ci vuole insomma una rivoluzione culturale ma che deve essere accompagnata da iniziative infrastrutturali. Cambiare paradigma, come rinunciare all’auto per prendere i mezzi pubblici, richiede uno sforzo.

Però è anche vero che se chiedo a qualcuno di cambiare ma non gli offro infrastrutture di trasporto pubblico o piste ciclabili adeguate è inutile.

Milano sta investendo moltissimo nelle metropolitane, stiamo ultimando la M4, avremo quindi cinque linee di metropolitana per un totale di 100 km il che ci pone tra le prime dieci città d’Europa. Abbiamo più di 300 km di piste ciclabili che abbiamo molto incrementato; stiamo insomma andando nella direzione della mobilità sostenibile con progetti a volte anche impopolari ma che mostrano che si può fare.

Stadio di San Siro: a che punto siamo?

Con il passaggio di proprietà dell’Inter entrambe le squadre di riferimento sono di proprietà americana. Il prossimo passo ora è quindi capire le intenzioni degli interlocutori in termini di impegno finanziario, sia che si decida di ristrutturare che di ricostruire lo stadio. Il Comune certo non può assumersi quest’onere, ma il desiderio, che abbiamo espresso chiaramente, è che entrambe le squadre restino in città, nell’area che le ospita da oltre un secolo. Stiamo promuovendo un progetto di riqualificazione del Meazza curato da Webuild che sarà presentato alle squadre e cercheremo di capire se questa strategia sarà condivisa, anche se sappiamo che il Milan sta vagliando anche altre ipotesi. Confidiamo in un accordo, se così sarà troveremo il migliore punto di incontro per le squadre e per la città.

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