 
 Quando si vive in contesti condominiali, non è sempre semplice identificare quali aree dello stabile siano di uso comune e quali, invece, siano esclusive. Uno dei dubbi più frequenti è relativo alla proprietà del sottotetto del condominio: si tratta di una parte comune dello stabile o, ancora, di una porzione riservata a specifici condomini, come ad esempio i proprietari dell’ultimo piano? A livello normativo, possono esistere entrambe le configurazioni: molto dipende infatti sia dalle funzioni e modalità d’uso del sottotetto, che dai titoli già acquisiti su questo spazio. Ma in che modo questa distinzione si riflette sulle spese?
Cosa si intende per sottotetto del condominio
Innanzitutto, è bene ricordare cosa si intenda per sottotetto condominiale, anche per non confonderlo con le singole unità che ne sfruttano le strutture, come ad esempio le mansarde. In linea generale, si tratta dello spazio che separa gli appartamenti sottostanti dal tetto vero e proprio, garantendo spesso una funzione di isolamento termico e acustico.
Il sottotetto può avere dimensioni variabili: a volte si tratta di un semplice vano d’aria, pensato semplicemente come isolante dalle intemperie e dal freddo proveniente dal tetto, altre di veri e propri spazi usufruibili, ad esempio come deposito, locale per l’impiantistica condominiale o, ancora, recupero abitativo se convertito in mansarda.
 
 A differenza della copertura esterna dell’edificio, che mantiene sempre una natura comune anche quando a uso esclusivo - si pensi a un tetto non condominiale, che comunque continua a garantire protezione a tutti gli appartamenti sottostanti - il sottotetto è sostanzialmente un elemento ibrido del condominio.
A seconda delle modalità costruttive, della sua destinazione d’uso e di eventuali titoli di possesso, cambia infatti la sua qualificazione giuridica: può indifferentemente essere comune oppure privato.
La proprietà del sottotetto in condominio
Come già spiegato, la qualificazione giuridica di un sottotetto - e quindi la sua proprietà - può variare a seconda del suo utilizzo, della presenza di titoli d’acquisto o, ancora, di specifiche norme previste nel regolamento contrattuale del condominio. Ma come distinguere fra le diverse configurazioni?
Il sottotetto di proprietà condominiale
In linea generale, la vigente normativa sul sottotetto condominiale considera questo spazio comune, quando serve l’intero condominio. Questo avviene quando le sue caratteristiche funzionali e strutturali sono oggettivamente destinate all’uso condiviso, cioè se:
- ospita impianti comuni, come centraline televisive o caldaie;
- funge da passaggio obbligato per raggiungere il tetto;
- viene utilizzato da tutti i condomini come deposito.
In una simile situazione, il sottotetto è perciò a tutti gli effetti una parte comune dello stabile e, sebbene non esplicitamente citato, si applicano i principi di comunione definiti dall’articolo 1117 del Codice Civile. Affinché sia davvero di proprietà condivisa del condominio, è però necessario che:
- non vi siano clausole contrarie nel regolamento contrattuale;
- non vi siano diverse attribuzioni nei rogiti notarili.
Con la sentenza 9383/2020, la Corte di Cassazione ha confermato che questo spazio può presumersi comune se, appunto per caratteristiche strutturali e funzionali, è destinato all’uso comune o all’esercizio di interessi collettivi, anche solo potenzialmente. Per questa ragione, l’appropriazione di un sottotetto condominiale condiviso, da parte di un condomino che ne monopolizza gli spazi utili a tutti, è da considerarsi illegittima.
Ancora, è utile specificare che simili criteri si applicano anche ai contesti diversi da quello condominiale. Ad esempio, la proprietà di un sottotetto bifamiliare è generalmente condivisa fra i due proprietari, a meno che non vi siano titoli che ne dimostrino un possesso esclusivo.
Quando il sottotetto è di proprietà esclusiva
Quando, invece, il sottotetto è di proprietà esclusiva? Di solito, si considera privato quando funge esclusivamente da camera d’isolamento per l’appartamento sottostante, senza dimensioni o caratteristiche che ne potrebbero garantire un uso autonomo.
In particolare, con la sentenza 6114/2022, la Cassazione ne ha precisato un elemento distintivo, ovvero l’impossibilità di essere utilizzato separatamente dall’alloggio sottostante. È il caso, ad esempio, di un vano a cui si accede unicamente tramite la botola interna a un appartamento privato.
Naturalmente, se all’ultimo piano sono presenti più appartamenti, la proprietà è condivisa fra le unità immobiliari interessate. Ancora, in presenza di titoli d’acquisto comprovati dal rogito notarile, oppure di specifiche clausole da regolamento contrattuale, il sottotetto può essere anche attribuito esclusivamente a un unico proprietario.
È inoltre utile specificare che la proprietà del sottotetto non accatastato segue gli stessi criteri: la mancata registrazione al Catasto non ne altera la qualificazione giuridica, che dipende sempre dai titoli di proprietà e dalle sue funzioni.
Il sottotetto è di proprietà dell’ultimo piano?
In virtù delle precedenti considerazioni, può sorgere un dubbio comune: il sottotetto è sempre di proprietà dell’ultimo piano? Come già spiegato, se presenta l’unica funzione di isolare gli appartamenti sottostanti, e prevede un accesso esclusivo, di norma è privato.
Se, tuttavia, ospita impianti comuni, dispone di un accesso condiviso e viene usato da tutti i condomini come deposito, è invece condiviso. Naturalmente, in entrambi i casi in assenza di titoli o clausole che ne dimostrino un possesso diverso.
 
 Di conseguenza, il proprietario dell’ultimo piano può fare una mansarda nel sottotetto? La trasformazione di un sottotetto in un locale abitabile dipende sempre dalla natura dello spazio:
- se di proprietà esclusiva, si può procedere purché in conformità con le normative urbanistiche sul recupero abitativo, purché non si comprometta la stabilità, la sicurezza e il decoro dello stabile condominiale;
- se comune, è necessaria anche l’autorizzazione in assemblea, con maggioranze definite a seconda della tipologia dell’intervento, in base all’articolo 1136 del Codice Civile.
Chi paga le spese del sottotetto
Come facile intuire, la ripartizione delle spese per il sottotetto segue sempre la sua natura giuridica, se comune o esclusivo. Ma quali elementi prendere in considerazione, per la divisione dei relativi costi?
Le spese per il sottotetto comune
Come per qualsiasi altra parte comune dell’edificio, anche i lavori per il sottotetto condominiale condiviso implicano la partecipazione alle spese da parte di tutti i condomini. Questo spazio potrebbe infatti essere soggetto a interventi di manutenzione ordinaria o straordinaria - dalla semplice pulizia alla ristrutturazione - di cui tutti i proprietari beneficiano.
Per questa ragione, si applicano i principi di ripartizione definiti dall’articolo 1123 del Codice Civile: i costi sono suddivisi fra tutti i condomini, in base ai millesimi di proprietà posseduti.
I costi per il sottotetto privato
Per contro, quando il sottotetto è esclusivo i costi ricadono solo sul relativo proprietario, indipendentemente si tratti di manutenzioni ordinarie o riparazioni. Tuttavia, vi possono essere delle eccezioni.
Quando gli interventi riguardano elementi che influenzano il tetto comune - ad esempio, il rifacimento dei supporti interni o l’impermeabilizzazione - può configurarsi una compartecipazione parziale, analogamente a quanto succede ai lastrici solari in base all’articolo 1126 del Codice Civile. Secondo alcuni orientamenti giurisprudenziali, la stessa disciplina può essere estesa anche alle parti di copertura del sottotetto, ma la valutazione rimane sempre caso per caso. Se si applicano gli stessi criteri dei lastrici, la spesa da corrispondere sarà a carico:
- per 1/3 dal proprietario del sottotetto;
- per 2/3 dei condomini a cui serve da copertura.
È però fondamentale ribadire che i lavori devono riguardare esplicitamente il tetto, non altre porzioni del sottotetto che non influenzano né la protezione comune, né l’uso condiviso. Per questa ragione, è utile affidarsi a professionisti e tecnici qualificati, per comprendere la natura effettiva degli interventi che si andranno a realizzare.
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