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Dal 1° gennaio 2016 sono entrate in vigore le nuove disposizioni di riforma del sistema sanzionatorio tributario. In attuazione della delega fiscale (legge 23/2014), infatti, il Dlgs 158/2015 ha riformato le sanzioni amministrative tributarie con l’obiettivo di diminuire il carico delle pene in caso di condotte che, pur contrastanti con la normativa tributaria, non hanno arrecato un grave danno all’Erario e, dall’altro, di inasprire le sanzioni in caso di condotte evasive caratterizzate da intento fraudolento. Vediamo cosa è cambiato.

In caso di lievi infedeltà o di errori di competenza, l'opzione più conveniente sembra essere quella dell’acquiescenza all’eventuale avviso di accertamento che l’Ufficio emetterà, piuttosto che procedere con la regolarizzazione spontanea attraverso il ravvedimento operoso.

In caso di violazioni della stessa indole ripetute in più periodi di imposta, la scelta migliore sembrerebbe quella di attendere l’eventuale accertamento per poi pagare le sanzioni irrogate con riduzione a 1/3 accettando integralmente l’atto mediante acquiescenza oppure attraverso l’istituto della definizione agevolata al fine di beneficiare del cumulo giuridico e di precludere l’aumento automatico della pena da recidiva.

Nel dettaglio, nell’ambito della riforma è stata prevista la riduzione di 1/3 della sanzione per infedele dichiarazione qualora la maggiore imposta accertata (o il minore credito accertato) sia inferiore al 3% di quella dichiarata e, comunque, non superiore a 30mila euro.

La riduzione di 1/3 della sanzione è inoltre applicabile quando la violazione concerne l’errata imputazione temporale di componenti positivi e negativi di reddito, purché tale componente abbia già concorso alla determinazione del reddito nell’annualità accertata o in una precedente. Qualora poi l’errore di competenza non abbia causato danno erariale, si rende applicabile la sanzione nella misura fissa di 250 euro. In ogni caso, la predetta riduzione sembra potersi applicare solo in sede di accertamento e, dunque, dall’Ufficio e fuori dalle ipotesi di condotte fraudolente.

Ne consegue che, in caso di violazioni di bassa infedeltà e/o di errori di competenza, il contribuente potrebbe avere più convenienza ad attendere l’eventuale notifica dell’avviso di accertamento per poi fare acquiescenza piuttosto che optare per il ravvedimento operoso. Questo perché l’accesso al ravvedimento spontaneo nei casi di violazioni di bassa pericolosità o di errori di competenza comporta il pagamento della sanzione ridotta computata sulla misura piena (90%) e non su quella ridotta (30%).

Quindi, mentre l’acquiescenza all’atto di accertamento costerebbe il 20% (1/3 del 60%), il ravvedimento operoso (tralasciando la regolarizzazione nei 90 giorni), a seconda della tempestività, costerebbe l’11,25% (1/8 del 90%), il 12,86% (1/7 del 90%), il 15% (1/6 del 90%) o il 18% (1/5 del 90% nel caso di ravvedimento a seguito di verifica).

Lo stesso vale qualora le violazioni di lieve entità o gli errori di competenza abbiano riguardato fattispecie simili e più anni di imposta. In tal caso, infatti, è sempre possibile beneficiare del cumulo giuridico, ossia della irrogazione di una sanzione unica – seppur maggiorata – che tenga conto delle sanzioni comminate per gli altri anni di imposta accertati. Anche in questo caso, tuttavia, l’irrogazione della sanzione unica maggiorata è demandata unicamente all’Ufficio in sede di accertamento.

Il contribuente, quindi, ne può beneficiare soltanto in caso di acquiescenza dell’avviso di accertamento o di definizione agevolata delle sanzioni e non anche in caso di ravvedimento operoso o di accertamento con adesione o, ancora, a seguito della riforma, in ipotesi di mediazione e conciliazione. L’acquiescenza all’atto di accertamento o comunque la definizione agevolata delle sanzioni (sempre con riduzione delle sanzioni irrogate a 1/3), inoltre, consentirà comunque al contribuente di evitare l’aumento da recidiva.

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