Il fatidico giorno è arrivato. Oggi, giovedì 23 giugno, gli inglesi sono chiamati a pronunciarsi sulla cosiddetta “Brexit”. Ma quali sono gli scenari possibili nel caso in cui la Gran Bretagna dovesse effettivamente dire addio all’Unione europea? Vediamo le diverse ipotesi.
Innanzitutto, partiamo con il dire che in qualsiasi caso, qualunque sia il risultato del referendum, il 24 giugno si terrà una riunione straordinaria delle più alte cariche dell’Unione: il presidente Donald Tusk, il presidente della Commissione Ue Jean-Claude Juncker, il presidente del Parlamento Ue Martin Schulz e il premier olandese Mark Rutte, il cui Paese ha la presidenza di turno della Ue.
Il 28 e 29 giugno è previsto poi un vertice europeo, ma qualora il voto dovesse manifestare l’intenzione di voler uscire dalla Ue, ci sarà una riunione d’emergenza prima di tale data. E probabilmente anche una seduta straordinaria del Parlamento Ue prima del vertice.
Come annunciato dal premier David Cameron, se il Paese sceglie di andarsene, scatterà l’articolo 50 del trattato di Lisbona del 2009, che stabilisce le procedure per l’uscita di un Paese dall’Unione. L’articolo 50 afferma che “qualunque Stato membro può decidere di ritirarsi dall’Unione nel rispetto delle proprie norme costituzionali” e preparare la procedura per farlo.
Secondo quanto stabilito dalle norme europee, servono due anni per sciogliere tutti gli obblighi contrattuali prima che un Paese possa ufficialmente uscire dall’Unione. Il negoziato per stabilire un nuovo rapporto tra Bruxelles e Londra indipendente, però, potrebbe durare molto di più. Tusk ha fatto sapere che per ottenere il via libera di tutti i 27 Stati restanti, più il Parlamento europeo, potrebbero volerci altri cinque anni, per un totale di sette. Lo scorso febbraio il governo di Londra ha detto che per sistemare tutto quanto potrebbero servire 10 anni.
Coloro che sono a favore della Brexit puntano a un negoziato veloce e a lasciare l’Unione entro fine 2019. Intervistato dal Financial Times, il sottosegretario Chris Grayling, favorevole all’uscita dalla Ue, ha detto che la Gran Bretagna approverà leggi per limitare i movimenti dei cittadini Ue prima di lasciare l’Unione. Bruxelles starebbe studiando misure per escludere Londra dal mercato unico se prendesse una tale iniziativa.
Potrebbe però accadere - e sarebbe l’opzione più semplice e più citata - che la Gran Bretagna si unisca a Norvegia e Islanda entrando nell’Area economica europea, che le consentirebbe di accedere al mercato unico. Questo significherebbe che Londra dovrebbe ancora obbedire alle norme Ue senza poter dire la sua sulle loro formazione, oltre a versare un contributo alla Ue. Jean-Claude Piris, ex giurista Ue ora consulente, ha però fatto sapere che “è improbabile che la Gran Bretagna prenda questa strada”. Altre opzioni fanno riferimento a un accordo di libero scambio con la Ue o un’unione doganale come quella con la Turchia.
Nel caso in cui prevalga la Brexit, inoltre, Londra dovrebbe negoziare lo status di due milioni di britannici che vivono nella Ue. Ciò potrebbe toccare, in particolare, i loro diritti pensionistici e sanitari. A tal proposito, Londra ha lanciato l’allarme: “I cittadini britannici che risiedono all’estero, tra loro i pensionati che vivono in Spagna, potrebbero non essere in condizione di presumere che questi diritti siano garantiti”.
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