Le proposte per affrontare il problema. E intanto ripartono le mobilitazioni
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Simone Agutoli
Simone Agutoli, componente dell’esecutivo nazionale dell’Unione degli universitari (Udu) Simone Agutoli

Si apre una nuova fase di agitazioni contro il caro affitti da parte degli studenti delle università italiane. Dopo le proteste della scorsa primavera, con l’avvio delle lezioni e la persistente difficoltà che si incontra nel trovare una sistemazione a prezzi accessibili e condizioni dignitose, gli studenti tornano a farsi sentire. Secondo una recente analisi condotta dall’Ufficio Studi di idealista, si registra una riduzione del 45% nell’offerta di stanze in affitto rispetto all’anno precedente, mentre i prezzi sono in aumento in molte delle principali città. In questo contesto, quali sono le principali preoccupazioni e richieste degli universitari? idealista/news lo ha chiesto a Simone Agutoli, componente dell’esecutivo nazionale dell’Unione degli universitari (Udu) con delega alle politiche abitative.

Riprendono i corsi universitari e riprende la ricerca della casa da parte degli studenti fuorisede. Qual è la situazione?

“Nel complesso la situazione è critica.

Si fa fatica a trovare un alloggio e anche quando lo si trova si deve fare i conti con canoni elevati oppure condizioni non sempre dignitose.

Ovviamente, la situazione è diversa tra città e città. L’apice dei problemi si registra a Milano, dove le tariffe sono fuori da ogni normalità: studiare nel capoluogo lombardo sta diventando sempre di più una questione per ricchi. Ma anche altre città come Bologna, Firenze e Roma non sono da meno.

Stiamo conducendo un’indagine con il Sunia e la Cgil, dalle 5.800 risposte ottenute emerge una situazione di grande difficoltà. In città come Bologna e Milano l’80% di studenti che stanno rispondendo ci sta raccontando che fa molta fatica a trovare un alloggio. Quelli che emergono dall’indagine non sono dati incoraggianti, pur con una forte stratificazione economica: chiaramente, chi ha un Isee di 60/70.000 euro anche a Milano se la cava, mentre chi ha un Isee di 20/30.000 euro un po’ meno”.

Nei mesi scorsi hanno fatto notizia le manifestazioni in tenda degli studenti, che hanno deciso di accamparsi davanti agli atenei per protestare contro il caro affitti. Per un momento si erano accesi i riflettori sul problema dei costi e degli alloggi universitari, poi cosa è accaduto?

“Spenti i riflettori si è spento anche il governo, che ha lavorato solo sul fronte del Pnrr, con risultati problematici, avendo momentaneamente perso 500 milioni di euro. Questo perché sono stati dichiarati all’Unione europea dei posti letto come nuovi, quando in realtà non erano nuovi, erano stati semplicemente vincolati, ma esistevano già 3/4/5 anni fa. Sul Pnrr c’è stata una gestione abbastanza disastrosa. Se poi si realizzano mille posti letto, che però vengono dati a 700/800 euro al mese, l’offerta aumenta, ma rimane inaccessibile”.

Proteste universitarie
Getty images

A fine agosto avete diffuso un comunicato con il quale avete criticato la proposta italiana di modifica del Pnrr sugli alloggi universitari relativa a come l’Italia intende raggiungere l’obiettivo di creare 60.000 posti letto aggiuntivi. Quali sono le vostre preoccupazioni?

“Innanzitutto, a maggio abbiamo presentato una ricerca in cui dicevano che l’Italia sta utilizzando male i fondi del Pnrr, i posti letto non sono nuovi e non sono neanche accessibili. Il governo ci ha assicurato massima attenzione, ma arrivati a giugno si è scoperto che anche l’Unione europea nutriva i nostri stessi dubbi. Ora l’Unione europea sembra aver ceduto in qualche misura all’Italia, perché ha trasformato il target di 7.500 posti letto previsto per il 2022 in una milestone della quarta rata del Pnrr. Ciò vuol dire che in questa fase l’Unione europea non controllerà il numero di posti letto realizzati, rimandando il controllo a metà 2026. Adesso si accontenta di verificare che i decreti, la riforma e i bandi stiano procedendo.

Il nodo però, secondo noi, resta irrisolto. Ed è qui che insistiamo sia con il Ministero che con l’Unione europea. Se si continuano a dare finanziamenti a pioggia perché l’unico obiettivo è raggiungere a tutti i costi quei 60.000 posti letto – e se l’obiettivo si raggiungerà lo si scoprirà solo nel corso degli anni –, i soldi continuano ad andare principalmente ai soggetti privati, perché il pubblico trova poco appetibile il Pnrr per come è costruito, e senza alcun vincolo sulle tariffe i posti letto continuano a rimanere inaccessibili”.

Quali interventi sarebbero auspicabili a vostro avviso?

“Secondo noi, anziché seguire questa strategia un po’ casuale, ossia realizzare 60.000 posti letto dandoli a chiunque,

è meglio realizzare pochi posti letto, ma con regole più chiare e con tariffe più accessibili.

Il costo della camera singola o del posto letto dovrebbe essere massimo di 220 euro al mese. In questo modo potrebbe essere coperto con la borsa di studio e quota alloggio.

Quello che abbiamo detto noi è di dimezzare il numero di posti letto, anziché farne 60.000 se ne potrebbero realizzare anche solo 30.000, ma a costi contenuti. Per carità, è giusto incrementare l’offerta, ma deve essere accessibile. La nostra paura, inoltre, è che se con i costi andiamo a fare un’offerta al rialzo, ci possa poi essere un effetto sull’intero mercato. Non abbiamo abbastanza posti letto per rivoluzionare l’offerta, ma il rischio è quello di contribuire a un innalzamento dei prezzi.

Poi ci sono le nostre proposte sul mercato privato, che vanno dall’aumentare il Fondo aiuti fuorisede, che ad oggi conta solo 4 milioni di euro all’anno, allo spingere il canone concordato.

Più nello specifico, in questo senso, bisognerebbe fare un ragionamento completo: rivedere gli incentivi fiscali, prevedere ulteriori misure di agevolazioni. Il tema è che per noi è evidente che un canone libero a 800 euro per una camera singola è legale, ma è problematico. Quindi si dovrebbe trovare un punto di incontro con i proprietari, ad esempio tramite il canone concordato. Cercare di spingere verso il canone concordato sarebbe una via ragionevole”.

Sono pronte nuove manifestazioni?

“I primi di settembre abbiamo fatto assemblea a Roma con i territori dell’Unione degli universitari e abbiamo deciso di mobilitarci nuovamente. La nostra mobilitazione partirà da lunedì 25 settembre, con manifestazioni diffuse in tutta Italia per dare un messaggio chiaro, ossia che si tratta di un problema che colpisce tante città universitarie e per il quale non è stato fatto nulla”.

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